Il pavimento del Duomo di Siena è uno dei tesori di cui è piena la Cattedrale della città. Un’opera unica: “il più… grande e magnifico… che mai fusse stato fatto”, così lo descrive Giorgio Vasari.
I cartoni preparatori dell’opera, per le 56 tarsie che lo compongono, furono forniti, dal Trecento all’Ottocento dai più grandi artisti senesi dell’epoca, come Francesco Di Giorgio, il Sassetta, Neroccio di Bartolomeo de’ Landi, Antonio Federighi, Domenico Di Bartolo, Matteo di Giovanni e soprattutto, Domenico Beccafumi, che compose ben 35 tarsie, innovando moltissimo il genere.
Anche un famosissimo umbro si cimentò con il pavimento del Duomo, Bernardino di Betto detto il “Pinturicchio”, autore nel 1505 della tarsia con il “Monte della Sapienza”.
Le tecniche per trasferire le idee degli artisti dai cartoni al marmo del pavimento, sono quelle del graffito e del commesso marmoreo. Le prime tarsie furono tratteggiate sopra lastre di marmo bianco con solchi eseguiti con scalpello e trapano, riempiti di stucco nero. Questa tecnica è chiamata graffito. Successivamente si aggiunsero marmi colorati accostati assieme come in una tarsia lignea e la tecnica divenne il commesso marmoreo.
Fino al 2019 il pavimento è stato coperto 10 mesi all’anno da lastre di masonite, per preservarlo dall’usura del tempo, ma visto l’incredibile successo di pubblico, per il triennio 2020/2022 sarà scoperto dall’ultimo sabato di giugno fino al 31 di luglio per poi riaprire il 18 agosto fino alla domenica successiva al 15 di ottobre.