In passato, si usavano aneddotti paesani, conosciuti da tutti, come “modi di dire”, a Buonconvento, così come su tutto il territorio toscano.
Nei dialoghi tra compaesani, si ricorreva spesso ad episodi noti nella vita di paese, alludendo a ciò che fecero Tizio o Caio in analoga situazione. Presto diventarono dei veri e propri “modi di dire“, alcuni usati ancora oggi, senza che magari ne conosciamo la provenienza.
Nel 1998, l’imprenditore poggibonsese di adozione, nato a Buonconvento, Mario Regoli, scrisse un libro molto poetico dove narrava i propri ricordi di bambino. In questo libro, “Caino nella luna, in terra di Siena“, l’autore parla di un’epoca di grandi mutamenti economici e sociali, com’è stato il dopo guerra. Ma ci racconta anche i piccoli aneddoti del quotidiano, facendo un’interessante racconto di costume di questo territorio.
Tra le varie vicende narrate, un capitolo riguarda i “modi di dire“, ognuno di questi legato a fatti accaduti in paese. Li riportiamo proprio come scritto da Regoli.
Tanto è che volevo scendere!
Un tale, che stava imparando ad andare in bicicletta, cadde tra la gente ed imbarazzato per la cattiva figura, frastornato dal colpo battuto, nel rialzarsi disse che tuttavia e nonostante tutto, voleva scendere di bicicletta e che quindi tutto il male non veniva per nuocere.
Dire: “Come disse quello che cadde di bicicletta” era sinonimo di giustificazione e goffo tentativo di ridimensionamento agli occhi altrui un male procuratosi.
Il carretto di Gualtiero
A Gualtiero, commerciantedi legname e carbone, avevano commissionato una fornitura da portare con un carretto, che evidentemente non poteva, o non voleva fare, ed era sollecitato spesso per la consegna.
Gualtiero ogni volta rispondeva che l’avrebbe fatto domani, prendeva sempre tempo, senza mai fare la fornitura ed il trasporto con il carretto.
In una situazione analoga o da immaginarsi per tale, bastava dire che era come il carretto di Gualtiero e tutti capivano subito.
Il bene di Ciofo
Ciofo fu il nome, o forse il soprannome, di qualcunoche, mosso a compassione per la moglie infreddolita, la gettò nel fuoco.
Il bene, anzi il benaccio di Ciofo, nato dall’episodio vero o inventato, aveva lo stesso significato di quello in cui una madre maldestra, per dimostrare al figlio il proprio amore, lo soffocò con un abbraccio prolungato o troppo stretto.
Il calcio del Regoli
Non so come né quando un mio parente, in una partita di calcio, nel tirare verso la porta in piena area di rigore spedì la palla in fallo laterale. Un errore incredibile quasi impossibile da realizzare. Questo fatto era rimastofamoso come “Il Calcio del Regoli” e quando succedeva un errore macroscopico in una partita di calcio veniva detto: “Come il Regoli”.
Il caffè con il rigatino
Il rigatino è la pancetta del maiale salata, un companatico che non si presta ad essere accompagnato con il caffè, bevanda che solitamente è zuccherata. Mangiare del rigatino e bervi assieme il caffè, è un controsenso, come ad esempio mangiare un’aringa affumicata, assieme ad una fetta di cocomero.
Dire: “Te lo do io, il caffè con il rigatino”, era un avvertimento da usare in occasione, seria o scherzosa, che faceva capire, a chi era diretta la frase, che rischiava l’opportunità di provare qualcosa di forte in tutt’uno come il dolce e il salato insieme, un qualcosa che non conveniva provare, in quanto decisamente contrastante.
Il “caffè con il rigatino” era la frase che faceva notare che si stava confondendo una cosa con un’altra, che niente aveva a che fare con il filo del discorso e non era assimilabile.
Accidenti a Garibaldi
“Accidenti a Garibaldi”, colpevole di aver unito l’Italia ed averci mescolati tra gente diversa, era una frase ricorrente e voleva sottintendere la difficoltà dei contatti tra la gente del paese e i “mambrucchi”.
I Mambrucchi
Ad un certo punto, quando le campagne si sono spopolate, sono cominciati ad arrivare in Toscana, famiglie intere da altre regioni per lavorare la nostra terra. Qui nelle Terre di Siena li chiamavano “Mambrucchi”.
La lingua araba è sinonimo di incomprensibilità e la parola araba mabruck, che significa fratello, fu adattata da qualche reduce di guerra per indicare questa nuova gente.
Concludiamo questo articolo sui “Modi di dire a Buonconvento” ringraziando Francesca Regoli, figlia del compianto Mario, per averci fatto conoscere questo libro nostalgico e delicato. Un testo che ci ha portato indietro nel tempo alle generazioni che ci hanno preceduto e che hanno contribuito a rendere i territori senesi unici al mondo.