Il pane “sciocco”, cioè senza sale che i toscani mangiano da secoli è talmente insito nella cultura del luogo, da essere citato in opere artistiche di varia natura, dalla Divina Commedia ad affreschi meravigliosi che adornano questo territorio.
Il pane è un alimento fondamentale nella dieta mediterranea. Scavi archeologici ed antiche iscrizioni ci permettono di asserire che il pane fu un nutrimento importante sia per gli Egizi che per i Romani.
Anche nel Medioevo il pane ebbe un ruolo rilevante nella dieta delle popolazioni mediterranee. Dante Alighieri, del quale si celebra quest’anno il settimo centenario della morte, lo cita nella Divina Commedia, nel XVII canto del Paradiso:
”Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e com’è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.”
Sono le parole pronunciate da un avo dell’Alighieri, Cacciaguida, che prevede l’esilio da Firenze del suo discendente. L’esilio è la perdita delle abitudini come il sapore del pane di casa propria. Dante era certamente abituato al pane sciapo, senza sale, oggi comunemente detto “sciocco”.
Il pane senza sale a Siena
L’origine del pane privo di sale a Firenze deriverebbe secondo alcuni da un preciso fatto storico. Nel XII secolo Pisa e Firenze erano rivali. Pisa bloccò un grande carico di sale che doveva arrivare a Firenze. A Firenze si inventò allora il pane senza sale. Altri sostengono invece che la tradizione del pane “sciocco” deriverebbe non da una costrizione. Piuttosto da una vera e propria scelta da parte dei fiorentini e del contado di sottrarsi all’elevato costo delle tasse imposte dai pisani sul sale.
Tuttavia la teoria della guerra dei dazi tra Pisa e Firenze non spiega perché in tutta la Toscana il pane è senza sale. Il pane toscano è talmente territoriale da aver ricevuto la denominazione di origine protetta DOP.
In particolare a SIENA l’origine del pane sciapo viene fatta risalire ad un momento successivo, e precisamente al 1554. Questo fu anno dell’assedio della città da parte dell’esercito ispanico-fiorentino guidato da Gian Giacomo Medici detto il Marignano. Nella città assediata il sale cominciò a scarseggiare e poi a mancare del tutto. Quindi ci si arrangiò a mangiare pane senza sale.
Dante in Esilio e “lo pane altrui”
Ritornando a Dante Alighieri, nelle due terzine della Commedia sopra riportate viene descritta l’angoscia di chi deve mangiare il pane concessogli da altri, di chi deve salire e scendere le scale di case estranee. Cacciaguida preannuncia inoltre a Dante il disagio che si troverà ad affrontare all’inizio del suo esilio. Infatti, si troverà nella compagnia dei Guelfi bianchi fuoriusciti, malvagia e divisa, da cui ben presto egli prenderà le distanze. Non parteciperà al loro tentativo, non riuscito, di rientrare a Firenze con la battaglia di Lastra.
La moltiplicazione dei pani e dei pesci a Poggibonsi e a Sant’Anna in Camprena
Il pane è anche oggetto di un famoso miracolo di Gesù, la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ben note sono le raffigurazioni di questo episodio evangelico a Sant’Anna in Camprena e a Poggibonsi, rispettivamente ad opera del Sodoma e di Gerino Gerini.
A Poggibonsi, il miracolo con il quale Gesù sfamò cinquemila persone venne dipinto da Gerino Gerini nel refettorio del convento francescano di San Lucchese nel 1513.
Gerino Gerini
Sulla personalità artistica di Gerino d’Antonio Gerini (Pistoia, 1480 – 1529) ha pesato per secoli il severo giudizio di Giorgio Vasari. Egli si espresse nei suoi confronti in maniera quasi sprezzante (“… Fu costui persona meschina nelle cose dell’arte: durava grandissima fatica nel lavorare, e penava tanto a condurre un’opera, che era uno stento”).
Parere contraddetto da Gaetano Milanesi il quale affermò nel 1849 che “… se il Vasari avesse veduto il suo vasto affresco, quasi ignoto, che è nell’antico refettorio del soppresso convento degli Osservanti di San Lucchese presso Poggibonsi, certamente egli si sarebbe ricreduto del suo giudizio”.
Del resto, già nel 1758 Jacopo Maria Fioravanti aveva scritto che l’affresco con il miracolo di Gesù che sazia le turbe, era così bello che i principi di Toscana avrebbero voluto portarlo a Firenze. La cosa che non poté esser fatta poiché il dipinto era stato realizzato su un muro maestro.
La moltiplicazione dei pani e dei pesci
L’affresco è diviso in due secondo le arcate ma forma un’unica composizione con uno spazio continuo e prospettico. Nella parte sinistra, con un aperto sfondo di campagna, sta la figura del Redentore con i discepoli ed una variegata moltitudine di persone. Nell’arcata destra, a continuazione della precedente, il paesaggio si apre in un’ampia distesa che va salendo dolcemente verso una piccola città murata.
Questo affresco di Gerino da Pistoia è probabilmente la sua opera migliore. Non è da meno di quello di analogo soggetto che Giovanni Antonio Bazzi detto Il Sodoma (Vercelli, 1477 – Siena, 1549) aveva dipinto dieci anni prima nel Monastero di Sant’Anna in Camprena, nel territorio del comune di Pienza.
Nella sua raffigurazione della moltiplicazione dei pani e dei pesci, l’unico miracolo di Gesù riportato in tutti e quattro i Vangeli, il Sodoma aveva curiosamente rappresentato sullo sfondo del primo e del secondo scomparto la cilindrica mole del Colosseo e l’Arco di Costantino, mentre il miracolo avvenne secondo l’evangelista Luca in prossimità del lago di Tiberiade, territorio oggi conteso tra Israele e la Siria.
TESTO E FOTO DI RICCARDO GUERRIERI