Le Biccherne e l’assedio di Colle sono due elementi correlati. Nel 1479 Colle Val d’Elsa subì un mese e mezzo di assedio militare dalle truppe della lega fra Repubblica di Siena, Regno di Napoli e Stato Pontificio. Fu l’evento culmine della cosiddetta guerra toscana seguita alla Congiura dei Pazzi con la quale si cercò di stroncare l’egemonia dei Medici. Dal 24 settembre al 2 novembre 1479 i colligiani resistettero all’offensiva impedendo di fatto che l’esercito avversario raggiungesse Firenze. Un episodio in cui è fondamentale l’opera strategica e diplomatica di Bartolomeo Scala, colligiano al servizio dei Medici, che ricoprì le più alte cariche amministrative della vita fiorentina di quegli anni.
L’episodio è ricordato in una delle tavolette esposte nel museo all’interno dell’Archivio di Stato di Siena, la 39, dal titolo “La resa di Colle Val d’Elsa”.
Nell’immagine si riconosce in alto una panoramica di Colle circondata dall’accampamento militare delle truppe condotte dal duca di Calabria e da Federico da Montefeltro. Più in basso sono rappresentati gli stemmi delle famiglie di ufficiali in carica quell’anno.
La resa di Colle
I senesi, dopo la vittoria del 4 settembre 1260 a Montaperti, soffrivano ancora per l’esito disastroso della battaglia di Colle del 16 giugno 1269. La resa di Colle fu salutata come una vittoria. I colligiani si distinsero però per il valore con cui avevano resistito. Questo fece loro ottenere la stima e il rispetto del duca di Calabria. Alfonso d’Aragona continuò ad inviare i suoi araldi e trombettieri per le celebrazioni di Sant’Alberto, anche dopo che Colle era tornata sotto l’influenza fiorentina.
Le biccherne
Non solo biccherne e l’assedio di Colle, ma anche altri eventi storici sono rappresentati sulle tavolette in legno usate come copertina ai registri della Biccherna, la principale magistratura finanziaria della città di Siena dal 1257 al 1786.
Inizialmente riportavano un semplice titolo per individuare i registri semestrali, perlopiù bilanci amministrativi e libri contabili, poi si fecero sempre più dipinte. Al titolo si aggiunse uno stemma, poi il camerlengo seduto al tavolo mentre fa i conti. Nel XIII e XIV secolo si cominciò a dipingere sulle biccherne scene sacre, profane ed episodi di vita senese.
La prima biccherna a noi rimasta risale al 1258 e riporta il ritratto del camerlengo Ugo, monaco dell’abbazia di San Galgano. In una del 1440 è ritratto un muratore intento a costruire il muro di una fortezza. Nel 1476 è rappresentata la Vergine Maria che protegge la città di Siena dal terremoto.
I pittori
Se le prime biccherne si devono ad artisti minori o rimasti anonimi, in seguito anche alcuni grandi pittori si cimentarono in questa attività. Nel 1278 troviamo un Duccio di Buoninsegna, Segna di Bonaventura nel 1306, Lippo Vanni 1364. Dal 1451 al 1473 Sano di Pietro, Ventura Salimbeni a cavallo del 1600.
In seguito altre istituzioni, l’Opera Metropolitana del Duomo, l’Ospedale di Santa Maria della Scala e l’Università, utilizzarono la biccherna per proteggere e riconoscere i documenti di archivio.
Dove trovarle
Oggi sono un centinaio le biccherne conservate all‘Archivio di Stato di Siena in Palazzo Piccolomini, vicino a piazza del Campo. Alcune decine di questi oggetti fanno invece parte di collezioni private o sono esposte in musei di Londra, Amsterdam, Berlino, Budapest e New York.
Accadde infatti che le famiglie dei magistrati che le avevano commissionate ne facessero richiesta. Dopo essere entrate nelle varie collezioni private, le biccherne furono così introdotte nel mercato antiquario internazionale.
Gli appassionati di storia ed antiquariato senese oggi possono acquistarne delle copie ad un prezzo accessibile in alcuni negozi specializzati di Siena.