A questa domanda prova a dare una risposta Paola Freccero, Presidente nazionale CNA Pastai, affermando. “Bene, siamo arrivati al paradosso. Il prezzo della pasta, fresca e secca, secondo quanto riportato dai mass media è aumentato fino al 37%, e quindi come è abitudine in questo Paese dobbiamo a tutti i costi trovare un colpevole ed attaccare la categoria imprenditoriale dei produttori di Pasta, dove la micro e piccola impresa ha numeri decisamente importanti, è la cosa più facile, senza distinzioni, senza figli e figliastri”
A dirla tutta i piccoli produttori ed i consumatori sono le vere vittime di un sistema che vuole tutelare solo i bilanci a nove cifre, dove i prezzi di vendita sono stabiliti dai buyers della grande distribuzione, la quale arranca, affannosamente, tra aumenti dei costi energetici, cali delle vendite in un mercato saturo di big stores.
Nessuno tiene conto che, a chi cerca di produrre con qualità, è stato negata la possibilità di recuperare, realmente, tutti i costi affrontati negli ultimi anni: grano aumentato immediatamente dopo inizio pandemia, costi energetici, costi idrici in costante aumento (perché l’acqua è un ingrediente per la pasta e per la quale si paga anche la depurazione, anche se non va in fognatura), tassi bancari in costante crescita (nel periodo pandemico tutte le aziende si sono indebitate con le banche ed ora si deve rendere il denaro ad un costo che varia al rialzo periodicamente).
Le Associazioni dei consumatori parlano di aumenti dal 18,2% al 37%, ma a chi rimane in tasca tutto questo?, continua la Freccero, sarebbe ora che si analizzassero profondamente i passaggi che subiscono i prodotti alimentari, i ricatti diretti ed indiretti affrontati dai piccoli produttori, i giochi speculativi della finanza sulle aziende dell’agroalimentare quotate in borsa.
Bisogna chiedersi se vogliamo costruire un sistema eticamente equo o gridare solo “al lupo al lupo!”.
Solo un anno fa si parlava di “tempesta perfetta” dovuta alla guerra Russia -Ucraina, la repentina ripresa della domanda mondiale dopo la prima ondata pandemica e i problemi organizzativi che questa ha determinato nei principali scali mondiali hanno comportato gravi rallentamenti delle catene di fornitura globali, con aumenti vertiginosi dei costi dei trasporti e dei noli dei container, con un significativo incremento dei prezzi dell’energia e di tutte le materie prime comprese quelle agricole, anche sulla scia della crescente domanda cinese, che ha cominciato a stoccare ingenti quantità di mais e soia e del crollo produttivo dei raccolti di grano duro in Canada.
“Tutto questo sembra completamente dimenticato, perché il grano costa meno come se fosse l’unico componente che determina il prezzo. Non siamo agli oroscopi pubblicati tutti i giorni sui giornali. L’economia è un’altra cosa, mandare avanti le aziende in questi ultimi 3 anni ha del miracoloso, continua la Freccero, e non sono certo gli artigiani e le piccole imprese che hanno determinato questa situazione. Solo gli imballaggi sono aumentati del 30%, alcuni sono incomprensibili, come il vetro Gli artigiani e le piccole imprese che lavorano per la GDO non vedono riconosciuti gli aumenti richiesti se non per un massimo del 3 o 5%. “