Provenzano Salvani, nipote di Sapìa, nacqua a Siena nel 1220 circa. Dopo aver condotto i senesi alla vittoria di Montaperti, nel 1260, fu capo dei ghibellini, del governo e praticamente signore di Siena.
Nel 1269 un’altra contesa con i fiorentini, sfociò in una guerra e la notte prima dello scontro, il condottiero andò a farsi predire il futuro da una maga che abitava vicino al campo di battaglia.
La donna predisse che il giorno seguente, ci sarebbe stata una grande battaglia e che la testa di Provenzano si sarebbe alzata nella mischia sopra a tutte le altre. Il condottiero, nel proprio orgoglio, immaginò che il suo valore lo avrebbe portato, come a Montaperti ad essere il vincitore.
Ma le cose andarono diversamente: venuti alle armi, presso colle Val D’Elsa, le schiere senesi di ghibellini, furono sbaragliate dai guelfi fiorentini e Provenzano fu decapitato sul campo di battaglia. La sua testa posta sopra ad una picca, fu portata per tutto il campo in modo che fosse vista da tutti.
Si avverò così la profezia della maga, molto diversamente da come era stata intesa da Provenzano nella sua superbia.
Provenzano nella Divina Commedia
Si narra che Provenzano Salvani fosse stato presuntuoso e superbo. Ebbe un amico, di nome Vinea o Vinca, che fu fatto prigioniero alla battaglia di Tagliacozzo da Re Carlo D’Angiò. Il Re chiese per il riscatto, diecimila fiorinid’oro da pagarsi entro un mese, pena la morte dell’ostaggio.
Provenzano per salvare l’amico, pose un banchetto in Piazza del Campo e si umiliò, lui capo e signore, elemosinando dai senesi la cifra necessaria. Salvò così l’amico e per questo gesto si meritò un posto nella Commedia.
Dante lo incontra nel Purgatorio (XI, 109 e segg.), condannato per la sua superbia dalla quale lo ha riscattato l’atto di umiltà d’elemosinare per amicizia.