Fontebranda è la più imponente tra le fonti senesi e secondo ipotesi poco attendibili risalirebbe al tempo di Brenno Re dei Galli. Di certo, dai documenti storici, è già costruita nel 1081, poi nel 1193 viene ampliata e modificata da un certo Bellamino e nel 1246 fu Giovanni di Stefano a ricostruirla nella sua forma attuale in mattoni e travertino.
Fu resa immortale da Dante Alighieri nella Divina Commedia, nel trentesimo Canto dell’Inferno (versi 76, 77 e 78) e citata da Boccaccio nel Decamerone. Inoltre poco distante dalla fonte c’è la casa natale di Santa Caterina da Siena, che per questo è spesso chiamata la Santa di Fontebranda.
All’interno la fonte è composta da tre grandi arcate gotiche ogivali, sormontate da una serie di merli guelfi aggiunti nel 1270. Sulla facciata vi sono quattro statue leonine con al centro la Balzana, lo stemma di Siena.
Fontebranda riceve l’acqua dai Bottini, un antico acquedotto di oltre 25 chilometri scavato nel sottosuolo di Siena a partire dalla fine del XII secolo, così chiamato perché l’intero percorso è formato da gallerie con le volte a botte.
La Fonte era in origine formata da tre vasche: la prima per l’acqua potabile, la seconda, alimentata dal trabocco della precedente, per l’abbeveraggio degli animali, infine la terza usata per lavare i panni. Le acque di risulta, uscite dall’ultima vasca, venivano usate dai conciatori, nelle botteghe dell’Arte dei Tintori e dai mugnai come forza motrice nei mulini.
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