Il buristo, insaccato molto particolare, tipico di Siena è strettamente legato alla figura di Violante di Baviera.
Moglie di Ferdinando De’ Medici, principe ereditario al trono di Toscana, dopo 4 anni di vedovanza, nel 1717, diventò Governatrice di Siena e restò in carica fino al 1731, anno della sua morte.
Già dalla sua prima visita in città, capì l’importanza del Palio e che le contrade in questa città, erano una istituzione di governo territoriale. Così decise di emanare un bando che determinasse confini e competenze, per placare annose rivalità. Il bando che definisce i confini territoriali delle 17 contrade del Palio, è in vigore ancora oggi.
Questo fatto, già la colloca nella storia senese, ma anche un prodotto tipico, ha subito la sua influenza, il buristo.
Secondo il famoso gastronomo, nonché farmacista senese, Giovanni Righi Parenti, si deve a Violante di Baviera, l’invenzione del Buristo, tipico insaccato senese realizzato con grasso e sangue di maiale. Secondo lui, i senesi copiarono i salsicciotti che le guardie tedesche al seguito della Governatrice, consumavano e che chiamavano wurst.
Naturalmente l’estro dei norcini senesi, aggiunse spezie e probabilmente la parola buristo è l’unione italianizzata di wurst e blutte (sangue), che diventando impronunciabile, è stata trasformata in buristo o buristio in altre parti della provincia.
Più probabilmente, il prodotto era già presente prima dell’arrivo di Violante e forse i senesi lo chiamavano in un altro modo. Ma è quasi certo che i tedeschi abbiamo cominciato a chiamare Blut Wurst, questo impasto di grasselli di maiale, cotenne e sangue che avevano visto mangiare ai senesi. Infatti in tedesco, Blut Wurst, significa “salsiccia di sangue”e che l’italianizzazione abbia portato a “buristo”.
Ma comunque, indipendentemente da come saranno andate davvero le cose, il buristo è ormai da secoli patrimonio della città.
È fatto con le parti disossate della testa del suino oltre a lardelli di grasso, cotti nella “caldaia” e strizzati, un po’ di cotenne cotte e tagliate a coltello. A tutto ciò si unisce il sangue di maiale, poi l’impasto viene condito con sale, pepe e spezie e insaccato in un budello naturale. A questo punto il buristo viene fatto bollire in pentola, a fuoco lento per evitare che il budello si rompa. Il buristo può essere insaccato anche nello stomaco e allora viene chiamato “cuffia”, oggi una vera rarità da gourmet.
Si produce da novembre a fine marzo e fino a pochi anni fa era un insaccato da consumare subito, perché si manteneva pochi giorni e spesso era venduto dai carretti degli ambulanti, per poterlo smerciare velocemente. Adesso questo problema non esiste più grazie alla cottura termostatica, che controlla che anche all’interno della massa si raggiunga la temperatura di pastorizzazione. Questo consente un periodo di conservazione molto più lungo.
Ha sempre fatto parte, anche se concentrato nei periodi invernali, della dieta delle famiglie contadine, ma anche di quelle di città. Si trattava in definitiva di un sottoprodotto della lavorazione del maiale e dato che “del maiale non si butta via niente”, si usava pure il sangue, anzi era proprio questo che integrava, quando necessario, l’apporto di ferro nella dieta, molto spesso carente dei ceti più poveri.
Si consuma con il pane toscano DOP e accompagnato da un buon Chianti Classico.