Il pecorino toscano è uno dei formaggi più antichi d’Italia, tanto che le prime tracce storiche che abbiamo del progenitore dell’odierno pecorino, sono di epoca etrusca.
Gli Etruschi
In realtà l’allevamento delle pecore risale ad epoche molto più arcaiche, ma gli Etruschi perfezionarono l’arte casearia, che consentiva loro di conservare il latte molto a lungo sotto forma di formaggio. Furono i primi ad introdurre i cagli vegetali e a produrre forme di grandi dimensioni, avviando le prime tipologie di stagionatura. Gli Etruschi erano così avanti nell’arte casearia che i Romani, assorbirono semplicemente le loro tecniche, come testimonia Plinio Il Vecchio.
Dal Rinascimento in poi
Durante il Medioevo ed il Rinascimento, l’allevamento delle pecore e l’arte casearia furono molto importanti e si diffusero in tutta la penisola. Nel 1475, uno scritto dell’umanista Bartolomeo Platina, celebra il “marzolino d’Etruria” come miglior formaggio d’Italia. Dal Rinascimento fino all’Ottocento, l’arte casearia, non seguì norme codificate, ogni casaro agiva liberamente e le produzioni erano più o meno ad uso familiare.
L’Ottocento e il Manuale del Pecoraio
Nel 1832 ci fu una svolta: Ignazio Malenotti, membro della società Linneana di Parigi pubblicò il “Manuale del Pecoraio”, un vademecum per proprietari terrieri, contadini e pastori, dove per la prima volta si distingue il pecorino tra quello che “pizzica”, ottenuto con il caglio animale e quello dolce, ottenuto con il cardo selvatico. Si codificano inoltre nelle Camere di Commercio i regolamenti per la produzione.
Il Novecento
Tra la fine dell’Ottocento” e gli inizi del Novecento, ci fu un incremento dei prezzi del Pecorino che in Toscana fece riprendere notevolmente l’allevamento ovino, fino agli anni ’30, anni in cui la pastorizia visse un forte declino. La causa fu la politica agricola mussoliniana, che incentivò la messa a coltura di ogni terreno agricolo possibile, relegando la pastorizia in zone impervie.
Il Dopoguerra
L’avvento della Seconda Guerra Mondiale e gli anni ’50, portarono il settore al collasso, dimezzandolo in 20 anni. Negli anni ‘60, una piccola ripresa, ma il boom industriale degli anni seguenti, registrò una forte diminuzione degli allevamenti da transumanza rispetto a quelli semistanziali, dato che i contadini avendo abbandonato la terra per trasferirsi in città, avevano di fatto, reso disponibili pascoli in aree vicine. Molti pastori che in inverno spostavano le greggi dall’Appennino alla Maremma, si trasformarono in “stanziali”, con attività a “fondo valle”. In questo periodo inoltre, arrivarono i pastori sardi, portando sui terreni abbandonati dall’agricoltura, la pastorizia e l’arte casearia, avviando aziende agricole strutturate.
Il 27 febbraio 1985, nasce il Consorzio di Tutela del Pecorino Toscano DOP, che garantisce che solo il pecorino che rispetta il disciplinare di produzione, si fregi della denominazione.
Il 2 luglio 1996, il pecorino Toscano, entra a far parte del Paniere dei Prodotti DOP, riconoscimento attribuito dall’Unione Europea ai prodotti alimentari le cui caratteristiche qualitative dipendono dal territorio in cui sono prodotti.